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VOI, DUE GUERRIERE

La storia di una mamma e della sua bambina, raccontata dall'amore di una sorella.

Era il 22 dicembre di 2 anni fa. Hai in grembo la tua seconda bambina. La chiamerete Sofia. Rebecca, la prima, ha solo 16 mesi. Capita a tanti di avere figli praticamente coetanei, non sei la prima e non sarai l'ultima. Quel giorno hai la visita ginecologica del settimo mese. Ricevo una telefonata da Andrea, tuo marito, che mi chiede il motivo per il quale mi hanno tolto la tiroide, tempo prima. Glielo dico, chiedo perché, perché Sofia, mi dice, pare abbia un nodulo, probabilmente nella tiroide, anche grande, 4 cm di circonferenza. Ma di grande, in quel momento, c'è solo il mondo che ti cade addosso, sorellina. Bisogna fare accertamenti. Da un ospedale all'altro, da un medico all'altro, ecografie, risonanze e tanti consulti medici. Passano così le feste di Natale, le più brutte della tua vita. Siamo a gennaio. A Cagliari, qualche medico veramente in gamba riconosce il suo limite e ti comunica che dovrai andare a Roma per un consulto. E' che lì dovrai partorire la tua bambina.

Il nodulo nel frattempo sta crescendo a dismisura, insieme a Sofia. Partite, Andrea al tuo fianco all'appuntamento con i medici del Bambino Gesù. Il mondo che ti era caduto addosso quasi ti schiaccia. C'è una diagnosi: non è un nodulo comune. Quello di Sofia è un teratoma, è nel collo e cresce in fretta. Bisogna organizzarsi, preparare subito il parto e l'intervento della bambina. Ai medici i difficili preparativi. A te la disperazione di una mamma. È tutto pronto: loro, i medici del Bambino Gesù che accoglieranno Sofia, appena nata, e quelli del Gemelli, dove la partorirai. Farai un parto exit, proviamo a guardare su Internet, leggiamo di uno a Torino, non è molto comune, ci preoccupiamo ancor di più, ma ormai viviamo tutti stretti a te, sul filo del rasoio. Il 19 Gennaio è la data programmata. Il teratoma nel frattempo è cresciuto, è di 20 cm. Andrea e mamma sono già lì con te, ad attendere quel giorno, io ti raggiungerò il giorno prima.

Ci siamo sorella, ti salutiamo mentre passi per andare in sala operatoria. E poi secondi, minuti, ore interminabili. Avanti e indietro, in attesa, mentre non smettiamo di pregare. Un medico si avvicina ad Andrea, gli dice che tutto è andato bene. Sofia è stata intubata in tempi rapidissimi, e tu stai bene. Una corsa con Andrea a riempire il quaderno che, fuori dalla sala parto del Gemelli, raccoglie i pensieri e le ansie dell'attesa, che per noi è stata davvero troppo lunga, per scrivere i nostri ringraziamenti a Dio e alla Madonna. In silenzio, mentre le lacrime cominciano a riempire gli occhi, vogliamo vederti prima di partire di corsa alla volta del Bambino Gesù, dove Sofia nel frattempo è già stata portata. Ma non possiamo aspettare. Ti voglio troppo bene, lo sai, ma ho una nipotina da conoscere. E quindi la corsa, il Bambino Gesù, la terapia intensiva.


Andrea entra per conoscere la sua piccolina. Esce. Ha gli occhi lucidi. Niente di buono. Mi chiede se voglio entrare e alla mia risposta affermativa, chiede ai medici se posso. Entro. Prima di arrivare alla culla, gli altri genitori si girano a guardarmi. Sguardi compassionevoli. Mi avvicino. Capisco. Ventidue centimetri di circonferenza non li capisci fino a che non li vedi. Ma io la amo più della mia vita. È la figlia di mia sorella, e io sono lì anche per lei in questo momento. Ad accarezzare con gli occhi quello scricciolo che mia sorella non può vedere. Quindi guardo il teratoma, piango tanto. Ma soprattutto le cerco la manina. Quando la trovo, gliela stringo dolcemente, e le parlo. Le parlo tanto. Le dico che ha una mamma e un papà meravigliosi. Le dico che siamo una grande famiglia che si sostiene nei momenti difficili, ma che quello è un momento felice perché Dio ha ascoltato le nostre preghiere di tutte quella persone che senza conoscerla già le vogliono bene. È un giorno felice perché la sua mamma sta bene e presto la conoscerà. E la guardo ancora. E ancora le stringo la manina. Esco. Il papà deve stare con lei. E' un privilegio di cui nessuno può privarlo, nemmeno io. Finalmente Andrea entra di nuovo dalla sua piccola, così io posso piangere, piangere e piangere ancora. Andrea mi raggiunge in sala d' attesa. Basta piangere, devo essere forte per sostenerlo e per sostenere te. Sono venuta fino a Roma per questo. Andrea fa una foto a Sofia, la modifichiamo prima di inviarla a te. Così, quando ti sveglierai, potrai vederla. Subito dopo ci guardiamo e decidiamo insieme di cancellare l'originale. Troppo dolore negli occhi e nel cuore. Io e Andrea porteremo da soli questo peso, non voglio che quell' immagine della tua bambina ti accompagni per tutta vita. Ci abbracciamo, parliamo, poco per la verità, le parole non servono a tanto. Ma quelle del suo ottimismo mi commuovono. E' un grande papà, un uomo speciale. Poco tempo per anche per piangere, ti sei svegliata. Un'altra corsa per la città e siamo da te. Ancora stordita ma stai bene, è quello che importa. Chiedi di Sofia ancora prima di salutare e io non riesco a nasconderti completamente il mio dolore e la mia preoccupazione, ma non sarebbe nemmeno giusto, è tua figlia, devi sapere. L' intervento alla bambina è previsto dopo due giorni. Mio Dio, solo quarantotto ore e quella piccola creatura dovrà affrontare un intervento lungo e delicato. Tu non potrai esserci; dopo il cesareo dovrai resterai in ospedale per almeno tre giorni. Nemmeno io potrò esserci, devo tornare in Sardegna. Potrò, insieme agli altri, solo pregare, e tanto, come mai ho fatto nella mia vita. Ti abbraccio, non vorrei andar via, vorrei stare vicino a te, prendermi cura di te. Ti guardo e vedo nei tuoi occhi tanta preoccupazione, tanta paura, ma anche tanta forza. Mentre ti guardo, penso che sei una donna, non più la mia piccola sorellina. Torno a casa, lasciando il mio cuore lì, a Roma, tra la rianimazione del Bambino Gesù e il reparto di ginecologia del Gemelli. È tutto pronto, per la seconda volta in soli due giorni, davvero pochi. Turbini di emozioni. Sofia entra in sala operatoria. Oltre quattro ore di attesa. Lacrime, preghiere e tanti pensieri affollano la mente. Stare così lontani e sentire ancor di più il senso di impotenza. Forza Sofia. Forza. Poi finalmente la chiamata. Sì, Sofia sta bene. L'intervento è riuscito. Il teratoma è stato asportato. Possiamo riprendere tutti a respirare. Andrea, il suo ottimismo e la sua fiducia nei medici, e tu, sorella mia.

Tu, madre.

Ancora non puoi andare dalla tua bambina, Andrea corre da un ospedale all'altro per stare con la piccola e portare a te le notizie che aspetti come se fossero aria. È arrivato il momento. Sono passati tre giorni dalla nascita della tua bimba, ma oggi la vedrai per la prima volta. Sono emozionata per te. Sono emozionata perché dalla tua voce al telefono si sente il suono della felicità. Perché il giorno che è nata le avevo promesso che presto ti avrebbe conosciuta e ora sei con lei. Qualche settimana e Sofia si riprende dall'intervento. Ma di nuovo un macigno ti schiaccia: il teratoma è maligno. Sofia dovrà fare la chemioterapia. Com' è possibile tutto questo? Non riesce ancora a respirare da sola e dovrà fare la chemio? Una tristezza infinita ci pervade. Ma mai, neanche nei miei incubi peggiori, posso immaginare ciò che tu hai provato, sorella mia. Avevi pronte le valigie per tornare a casa. Invece bisogna riorganizzare la tua vita a Roma per qualche mese ancora. E in una condizione psicologica davvero pesante. Per sei mesi. Sei mesi. Questo è stato il tempo necessario perché la nostra guerriera vincesse la sua grande battaglia. Questo è stato il tempo in cui hai pianto tutte le tue lacrime, in cui ti sei sentita alcune volte sola, altre, comunque, grata alla vita. In cui hai conosciuto mamme guerriere e piccoli eroi che porterai per sempre nel cuore. Questo è il tempo in cui sei diventata la donna che oggi sei. Puoi esserne davvero orgogliosa, perché noi tutte lo siamo di te.

Sei, come la tua bambina, una guerriera.



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