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Si scrive insegniamo o insegnamo?


Si scrive “insegniamo” o “insegnamo”? In apparenza potresti scambiare questa domanda per un semplice quesito grammaticale e in effetti lo è. Insegnare è un verbo regolare della prima coniugazione. La prima persona plurale è insegniamo, così come per il verbo amare la prima persona plurale è amiamo (e non amamo). Per chi dovesse nutrire qualche dubbio in proposito, è possibile consultare un dizionario, anche online. La difficoltà nasce dalla presenza del dittongo 'gn' prima della desinenza della coniugazione. Lo stesso avviene per verbi come consegnare, assegnare, sognare. In tutti questi casi, la coniugazione è “consegniamo”, “assegniamo”, “sogniamo”.

Tuttavia, è la stessa Treccani ad indicarci come la grafia senza la “i” sia tollerata. Ma il punto è un altro: non riguarda la grammatica della lingua italiana, bensì la grammatica del rispetto. Ogni volta che pubblichiamo un articolo nel cui titolo sia presente “insegniamo”, veniamo tacciati di ignoranza in modo – solitamente – poco cortese. I nostri interlocutori, lontani dal dubbio, non si preoccupano nemmeno di svolgere una breve ricerca online: attaccano a colpo sicuro e spesso, perfino di fronte all’evidenza della loro terribile defaillance, continuano a sostenere le proprie posizioni. Un paio di “soggetti”, pur di non ammettere il torto – e la tenacia con cui l’avevano difeso – si sono riservati di parlare con qualche misterioso conoscente all’Accademia della Crusca, salvo poi sparire nel nulla. Ed eccoci con una breve lezione di grammatica del rispetto: impariamo a coltivare l’arte del dubbio. Di fronte a una posizione che ci sembra sbagliata, magari in forza di un’abitudine pluridecennale, scegliamo di verificare. Non si tratta esclusivamente di rispetto, ma anche di adottare un approccio logico alla vita. Attaccare un’altra persona non è solo sgradevole: è un artificio retorico che prende il nome di argumentum ad hominem; invece di mostrare l’evidenza della propria ragione, si devia l’attenzione sull’ignoranza – o sulla cattiveria – dell’altro.

Proprio questo artificio ha indotto qualcuno dei nostri lettori a fare una pessima figura. Al contrario, una critica andrebbe mossa partendo dall’evidenza della propria ragione (ovvero citando una fonte autorevole che sostenga la propria tesi), mettendo da parte il risentimento e il proprio interlocutore. Se avessimo incontrato i nostri contestatori qualche secolo addietro, saremmo finiti su un rogo. Oggi, per fortuna, l’ignoranza è meno rovente, ma ugualmente nociva. Contrastiamola insieme, cominciando da noi stessi.

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