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Come farsi raccontare dai figli com’è andata la giornata

“Tutto bene”. “Niente”. “Ma sì”. “Boh, non so…”. Sono solo alcune delle declinazioni delle risposte alla fatidica domanda che ogni giorno facciamo ai nostri figli: “Com’è andata oggi?”. Che si tratti della scuola, dell’allenamento di calcio o della lezione di karate, o ancora della giornata passata insieme agli amichetti, non ci si scappa: spesso i bambini sembrano non volerci raccontare nulla. Svicolano, rispondono distrattamente, evitano risposte lunghe…

E noi ci rassegniamo, dopo un po’. E ci frustriamo, diciamocelo. Perché vorremmo strappargli tutto il possibile, sapere ogni dettaglio, ogni minuto! E non per mero controllo (o almeno non solitamente), ma semplicemente perché DAVVERO ci interessa la loro giornata.

Come fare allora per far sì che i bambini ci raccontino davvero com’è andata, che ci diano davvero una risposta? Ecco qualche trucco.

Come farsi raccontare dai figli com’è andata la giornata: le strategie per far sì che i bambini rispondano davvero alla domanda “com’è andata oggi?”

Aspettare un attimo

Esatto, aspettare, portare pazienza: a volte la nostra frenesia di sapere ci porta a chiedere “com’è andata?” non appena i bambini salgono in macchina fuori da scuola, o appena mettono piede in casa dopo la giornata dagli amici, o nello spogliatoio della palestra. Ma come noi adulti anche loro si rilassano un attimo appena le attività finiscono, e magari semplicemente non hanno la forza o la voglia di rispondere proprio in quel momento. Proprio come quando, ad esempio, usciamo dal lavoro dopo una giornata importante in riunione: se qualcuno ci chiedesse subito “com’è andata” risponderemmo inconsciamente un po’ svogliati, mentre dopo una doccia rilassante e davanti alla cena avremmo più voglia e forza di parlarne, con un po’ più di entusiasmo e con la mente un po’ più sgombra.

Parlare noi per primi della nostra giornata

Come spesso accade, l’esempio è il miglior metodo di educazione, perché i nostri figli imitano moltissimo ciò che facciamo noi. Se quindi noi per primi ci mettiamo nella condizione di condividere, allora spesso anche loro seguono il nostro esempio. Prima di chiedere: “Com’è andata?”, proviamo quindi a raccontare la nostra, di giornata. “Sai, oggi ho fatto una camminata in pausa pranzo. Al lavoro è stata una giornataccia, ma mi ha fatto molto bene. Ah, e in ufficio si è inceppata la fotocopiatrice!”. Sono tutti piccoli dettagli insignificanti, ma dettagliati e specifici. Ma alla domanda “E la tua giornata invece com’è andata?” i bambini si sentiranno più coinvolti e ascoltati, condividendo in maniera bilaterale, non sentendosi “sotto interrogatorio”. Ed è un esercizio d’abitudine: pian piano capiranno che condividere i racconti in famiglia è piacevole, divertente, utile e depressurizzante (perché anche quando succederà qualcosa di brutto potranno parlarne tranquillamente).

Via libera alle domande specifiche

A volte basta invece concentrarsi sulle domande specifiche e non sul generico e classico: “Com’è andata?”. “Oggi a scuola hai fatto le tabelline?”. “Ti sei divertito a dipingere con gli acquerelli?”. “Hai litigato di nuovo con Giulio oppure oggi vi siete divertiti e basta?”. E ancora: “Hai imparato qualcosa di nuovo oggi?”. “Qual è la cosa più bella della giornata? E quella meno piacevole?”. In questo modo impareranno anche ad esprimere (e codificare) le loro emozioni.

Capire la stanchezza e rimandare

In questo caso, ciò che mettiamo in campo sono l’empatia e la disponibilità. Quando un bambino è visibilmente stanco e non ha voglia di parlare, cerchiamo di capirlo subito. Solitamente, è quando risponde a monosillabi. Facciamogli quindi capire che abbiamo compreso il suo stato: “Sei stanco, lo vedo, chissà quante cose hai fatto oggi. Me lo racconterai quando te la sentirai”. Semplice, ma efficace.