top of page

La moda dopo il Covid-19: il punto della situazione secondo Business of Fashion


BoF e McKinsey aggiornano l’annuale report The State of Fashion alla luce della crisi provocata dalla pandemia. Il panorama è drammatico, eppure l’industria moda può riscrivere il suo futuro attraverso nuove strategie e innovazioni tecnologiche. Ma solo condividendo sforzi, dati e metodi

Lo sappiamo, ce l’hanno ripetuto e ci riecheggia ogni giorno nelle orecchie: niente sarà più come prima. E quando diciamo «niente» significa che nessun aspetto della nostra vita resterà lo stesso che era prima che questo virus, terribile sotto ogni punto di vista, venisse a sconvolgerci. Vedere le nostre città deserte (nella foto, la desolazione di Milano, capitale mondiale della moda e della frenesia, con tutte le saracinesche abbassate) è impressionante. Sapere che una mascherina sarà l’unico accessorio indispensabile e che non ci abbandonerà per chissà quanto tempo, è destabilizzante.


E lo stesso è rimanere chiusi in casa, non poter abbracciare i nostri cari, non sapere cosa accadrà in un prossimo futuro…


Allargando lo zoom al di fuori della nostra vita, la stessa instabilità e lo stesso dramma si estendono a tutti gli ambienti. A tutti i settori lavorativi. E noi, che ci occupiamo principalmente di moda, di questo vogliamo raccontarvi. The Business of Fashion (Bof ), bibbia di notizie, opinioni e analisi applicate al mondo della moda, ha reso noto il suo quinto report The State of Fashion dedicato al settore, focalizzato sugli effetti che il Covid-19 ha e avrà sull’industria fashion. Le cifre? Spaventose, soprattutto considerando che il valore generato dal sistema moda globale arriva a 2,5 trilioni di dollari.


Avete presente quanti zeri ha un trilione? Equivale a un milione di bilioni, cioè un miliardo di miliardi… Ci sono milioni di posti di lavoro e centinaia di aziende a rischio. La situazione è drammatica, ma obbliga l’industria a non procrastinare, a pensare, a studiare – numeri alla mano – a quello che succederà nel post-virus. Per trovare nel più breve tempo possibile le strategie giuste per reagire a una crisi mondiale, profonda e repentina a cui il pianeta intero non ha mai assistito in tempo di pace. Il coraggio ce l’abbiamo: ora dobbiamo unire le forze, restare lucidi e procedere con rigore. The Business of Fashion e McKinsey& Company mettono nero su bianco dati reali, tirando le fila sulla base di interviste esclusive con i dirigenti dell’industria, di un sondaggio che ha coinvolto oltre 1.400 professionisti della moda e oltre 6mila consumatori. La nuova parola d’ordine? «Ricablare».

La premessa: a causa del Covid-19, il mondo sta affrontando la contrazione economica più grave in tempo di pace. Questa imprevedibile crisi umanitaria e finanziaria ha vanificato le strategie pianificate in precedenza per il 2020, lasciando le aziende della moda esposte, disorientate, spesso senza timone e i lavoratori in pesanti difficoltà economiche. I problemi chiave da affrontare sono tre. Eccoli.


Contrazione dell’industria globale Le stime di Bof e McKinsey prevedono che l’industria della moda globale (abbigliamento e calzature) subirà nel 2020 una contrazione del 27-30%, con la possibilità di tornare a una crescita compresa tra il 2% e il 4% nel 2021. Per i beni di lusso (moda, accessori, orologi, gioielli e beauty d’alta gamma) si stima una contrazione del 35-39%, con un possibile ritorno alla crescita tra l’1% e il 4% nel 2021.


Le aziende sull’orlo del baratro Otto società di moda su 10 (l’80%!) quotate in Europa e Nord America si troveranno in uno stato di grave difficoltà finanziaria se il lockdown e le chiusure dei negozi dureranno oltre due mesi. Il rapporto prevede che un significativo numero di aziende moda sarà costretta a dichiarare fallimento nei prossimi 12-18 mesi.


Milioni di posti di lavoro a rischio In seguito al lockdown, al blocco di tutte le attività produttive, l’84% dei lavoratori ha smesso di lavorare in ufficio per passare allo smart-working da casa. L’effetto domino delle chiusure dei negozi ha provocato la perdita di milioni di posti di lavoro negli shop al dettaglio, portato i marchi a cancellare gli ordini e lasciato milioni di indumenti nei mercati di approvvigionamento come Bangladesh, India e Cambogia.


Fashion leader e imprenditori si stanno, come è ovvio, concentrando sulla gestione della crisi, ma presto dovranno spostarsi verso la reimmaginazione del settore moda. Come impatteranno questi drammatici cambiamenti sull’economia globale e sul comportamento dei consumatori nel post-coronavirus? Come si potrà ricablare, riconnettere, ricollegare un sistema che non funziona più?


Per lo speciale aggiornamento di The State of Fashion 2020, BoF e McKinsey hanno analizzato tutti i dati in loro possesso per offrire ai professionisti del settore e a tutti quelli che hanno voglia di approfondire l’argomento, una panoramica su quella che potrà essere la nuova normalità da qui a un anno, un anno e mezzo.


«Una volta che la polvere si depositerà su questa crisi, la moda dovrà affrontare un mercato recessivo e un panorama in drammatica trasformazione. Ciò richiederà una collaborazione senza precedenti all’interno del settore, anche tra concorrenti. Nessuna azienda supererà la pandemia da sola e i fashion players dovranno condividere dati, strategie e approfondimenti su come navigare in mezzo alla tempesta» ha dichiarato Imran Amed, fondatore e ceo di The Business of Fashion. «La crisi è un catalizzatore che obbligherà l’industria a un cambiamento: è il momento di prepararsi per un mondo post-coronavirus».


«La crisi provocata dal coronavirus ha accelerato l’ondata di consolidamento in atto nel settore della moda in modo importante – ha affermato Achim Berg, leader globale del gruppo Apparel, Fashion & Luxury di McKinsey & Company – A causa dell’interdipendenza del settore e della gravità della crisi, ci aspettiamo che l’impatto sulle aziende di moda sia a lungo termine. Ma questa crisi offre anche alla moda l’opportunità di ridisegnare tutta la catena del settore e di concentrarsi sui valori in base ai quali misuriamo le nostre azioni».

Da sinistra: Imran Amed e Achim Berg. Foto Getty

Nella ricerca di BoF e McKinsey sono emersi cinque temi:


1. ISTINTO DI SOPRAVVIVENZA Il recupero dalla pandemia coinciderà con un mercato recessivo, che spingerà i players ad accelerare la pianificazione della resilienza e ad adattare i modelli operativi. Le aziende che sopravvivranno alla crisi avranno effettuato interventi coraggiosi e rapidi per stabilizzare il proprio core business prima di cercare nuovi mercati. Purtroppo, dai sondaggi condotti, emerge che il 30% dei dipendenti dell’industria della moda percepisce la pianificazione della risposta propria azienda al recupero post-crisi come inefficace.


2. MENTALITÀ DEL RISPARMIO È l’era dell’anti-consumismo. I consumatori andranno sempre più alla ricerca di canali d’acquisto che permetteranno il risparmio. Per riconquistare un pubblico disilluso, parsimonioso e in difficoltà, i brand dovranno trovare il modo di ripensare la propria mission e di riacquistare valore. Il report di The Business of Fashion e McKinsey sottolinea come in Europa e negli Stati Uniti, oltre il 65% dei consumatori preveda di ridurre la spesa per l’abbigliamento, mentre solo il 40% prevede di ridurre la spesa totale delle famiglie. In Cina, i dati ufficiali delle vendite al dettaglio per gennaio e febbraio 2020 dipingono un quadro cupo per il primo trimestre, con un calo di oltre il 20% su base annua.


3. ESCALATION DIGITALE Il distanziamento sociale ha evidenziato più che mai l’importanza dei canali digitali e il lockdown ha elevato il digitale a priorità urgente nell’intera catena fashion: se le aziende non si espandono o non rafforzano le proprie capacità digitali nella fase di ripresa della crisi, soffriranno a lungo termine. Nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, infatti, il 24% dei consumatori prevede di spendere di più tramite i canali social. Inoltre, la crisi spinge il 13 % dei consumatori europei a navigare negli e-tailer online per la prima volta: anche per questo i brand dovrebbero cogliere l’opportunità di non essere più solo dei semplici esperti del digitale, ma di diventare realtà all’avanguardia in questo campo, facendo la differenza.

4. SHAKEOUT DARWINIANO La frase «adattati o muori» sarà il nuovo mantra. La crisi scuoterà i più deboli, incoraggerà i forti e accelererà il declino di quelle realtà che stavano già lottando prima della pandemia, portando a massicce ondate di consolidamento, attività di fusione e acquisizione, insolvenze. Per garantire il proprio futuro, le aziende devono ripensarlo proprio adesso, devono adattarsi al nuovo ambiente di mercato, valutare le opportunità di cessione e acquisizione, identificare partner strategici per rafforzare il core business, incrementare i guadagni, creare stabilità operativa e finanziaria fin dall’inizio della recessione.

5. INNOVAZIONE IMPERATIVA La necessità aguzza l’ingegno ed è la madre delle invenzioni. Mosse rapide per arrestare la produzione, chiudere i negozi, trovare flussi di entrate alternative e identificarne di nuovi sono diventati i nuovi e necessari modi di lavorare. Per far fronte a nuove restrizioni, mitigare l’impatto dannoso della pandemia e adattarsi al cambio di economia e di consumatori, le aziende devono introdurre nuovi strumenti e strategie lungo tutta la loro catena. I player del settore moda devono saper sfruttare queste innovazioni e ampliarle, lavorando al fine di apportare cambiamenti radicali e duraturi alle loro organizzazioni (e al resto del settore).


Per esempio, quarantena e social distancing obbligheranno ad accelerare le strategie che solo pochi mesi fa erano al banco di prova e cercavano di farsi strada ma a passo molto lento. Vedi le sfilate virtuali, gli showroom digitali, il commercio livestream e gli ultimi strumenti di design 3D, ora indispensabili per il business. Serve capire dove concentrare l’attenzione e rendere l’innovazione tecnologica un investimento a lungo termine, riconoscendone il ruolo fondamentale per il futuro del settore.


Tratto da www.vanityfair.com

bottom of page