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MAMMA...CHE FATICA!

Quando la nascita di un figlio, o due, o tre, comporta la necessità di trovare nuove forze e nuove energie, e la capacità di tenere insieme tutti i pezzi di un puzzle che diventa sempre più grande, articolato e complesso. [if !supportLineBreakNewLine]

Come e cosa cambia quando non si è più i soli e unici protagonisti della propria vita, perché è arrivato un figlio o magari due o...tre...! La fatica delle mamme è in primo luogo prettamente fisica, e più alto è il numero dei figli, più gli sforzi aumentano! Ma certamente è altrettanto rilevante la fatica emotiva, data dal dover costruire un assetto mentale e psicologico in parte nuovo e diverso dal precedente, utile a sostenere le richieste insite nel ruolo genitoriale, che ha come primo compito quello di dare uno spazio di comprensione, accoglimento e accettazione di quanto il figlio porta, delle sue modalità relazionali e comportamentali; queste, peraltro, non sempre si rivelano di facile intelleggibilità e gestione. Con il primo figlio la mamma scopre cosa vuol dire aggiungere un pezzo alla propria vita, scopre un modo nuovo di gestire la quotidianità negli aspetti pratici e organizzativi oltre che naturalmente emotivi, impara a tararsi su una nuova dimensione, ad attrezzarsi rispetto al nuovo ruolo. Con il secondo e terzo figlio, si tratta di affinare e trovare sempre nuove strategie per costruire uno schema personale e famigliare che funzioni, in cui si possa insieme evolvere con soddisfazione e serenità per tutti i membri. Alla base, la fatica si trova nello stesso fatto di dover anteporre spesso (se non sempre!) i bisogni del figlio ai propri, dover rispondere prima alle sue esigenze, dare spazio prima ai suoi desideri che non ai propri. Questo è in una certa misura fisiologico, è richiesto dalla natura stessa, soprattutto nei primi anni di vita di un figlio; è importante allora che una mamma riesca a fare questo movimento. D'altra parte uno sforzo eccessivo o eccessivamente prolungato in questo senso fa maturare una sensazione di fatica e frustrazione che a lungo termine genera un importante disagio. E dunque è qui che occorre ridare uno spazio ad esigenze e spinte personali, far tornare in gioco parti di sé diverse e non (solo) connesse al ruolo genitoriale. Un lavoro che si desidera riprendere ma anche interessi e curiosità proprie. Ecco che i ruoli e le dimensioni di sé si moltiplicano, come le forze e le spinte interne ed esterne, diverse e a volte in contrapposizione. Non si può negare, in molti casi, la fatica di trovare ed assestarsi su un nuovo equilibrio, di soddisfazione piena, e serenità. Quante parti da integrare e conciliare! Occorre tenere duro per non mollare niente e non perdere motivazioni e forze, ovvero non perdere parti di sé. Compresente è anche la gestione della coppia, del coniuge o compagno, dell'altro...che a volte aiuta e favorisce e a volte no, e che comunque richiede di giocare un'altra parte ancora di sé, di non venir meno alla relazione amorosa.

Come ovvio poi le strade e le implicazioni sono mille e milioni...tutte personali e uniche ma rimangono spesso esperienze condivise e condivisibili. Quando si avverte che le richieste cui rispondere sono soggettivamente troppe e si riconosce una sensazione di forte fatica, l’esaurimento delle proprie energie fisiche ed emotive, un importante aiuto può essere dato dal rivolgersi all’esterno: uno psicologo quindi, che attraverso dei colloqui di supporto e sostegno possa dare uno spazio di ascolto e accoglienza alla mamma, che è invece abituata a dare ad altri quello stesso spazio, e tempo, di ascolto, accoglienza e dedizione. Tre i focus di lavoro (mentale)... la persona, nella parte che gioca su e per se stessa, la mamma-genitore, e la parte legata all'altro, ovvero la donna come parte di una coppia da alimentare e non tralasciare.

Ci si trova in una terra di mezzo, perché non si tratta di patologia ma di una fatica che però può davvero mettere in scacco la persona, e spesso anche la coppia.

Sulla base di tematiche comuni e condivise il ruolo dello psicologo nei colloqui è di entrare e lavorare sulle storie personali. A volte anche incontri di gruppo, di condivisione, possono rappresentare un'altra efficace strada da percorrere, e possono rivelarsi un passaggio introduttivo ad un lavoro individuale, un ponte tra un’iniziale resistenza ad aprirsi ad un aiuto e affidarsi all’altro professionista e l’effettiva possibilità di stare su di sé e ricevere quel supporto di cui sente il bisogno.

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