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Come spiegare la morte ai bambini: i consigli della psicologa

Come spiegare ai bambini che cos’è la morte e come affrontare le loro paure


La paura della morte è abbastanza frequente nei bambini, capita che si interroghino sul mistero che ruota attorno a questo evento e che, non trovando risposte adeguate, alla paura possano seguire anche vissuti angoscianti. I bambini imparano in genere abbastanza presto che gli animali e le persone non vivono eternamente. A volte lo imparano perché vivono in modo diretto la morte di una persona cara, magari anziana o ammalata, o perché lo sentono nei racconti fatti a scuola dai compagni o magari lo sperimentano prima attraverso la morte di un animale da compagnia.


Rispetto a questo è di fondamentale importanza saper dare delle risposte alle domande che i bambini pongono: “ma anche tu morirai come il nonno? Anche io un giorno morirò?”, perché il bambino cresca in modo adeguato deve trovare delle risposte che siano coerenti e realistiche. La paura della morte nei bambini si esprime spesso con la difficoltà ad addormentarsi, a volte l’angoscia più grande è proprio quella di morire nel sonno, pensano che se si addormentano non si risveglieranno, o magari hanno paura ad addormentarsi da soli e richiedono la presenza dell’adulto.


È importante che in questi momenti i genitori superino le loro difficoltà a parlare di certi temi, a volte infatti si tiene il silenzio, si cambia discorso convinti di proteggere i figli da argomenti ritenuti dolorosi, ma non è così. Per i figli è fondamentale sapere che con i genitori si può parlare di tutto e che loro sono disponibili ad accogliere ogni loro domanda, su qualsiasi tema.


Può succedere che il tema della morte sia delicato anche per i genitori, perché magari c’è stato nella loro vita un lutto recente non ancora elaborato e si ha paura di non saper gestire la situazione senza fare trapelare il proprio dolore. In realtà anche fare trapelare il dolore, se questo c’è, è importante perché probabilmente i bambini già lo sentono ma non sanno ancora dargli un nome e delle caratteristiche. Dover spiegare la morte ai bambini ci mette di fronte alle nostre paure e alle nostre ansie, ed è da queste che si deve partire per poter aiutare i bambini a comprendere cosa accade quando una persona a cui si vuole bene non c’è più.


Bisogna quindi saper trovare delle risposte a domande come “perché una persona muore?” o “che cosa succede dopo la morte?” è importante chiarire che la morte fa parte del naturale ciclo della vita e che di solito si muore quando si è molto anziani, che a volte può capitare di morire più giovani, e questo può avvenire per una malattia o un incidente, ma questi sono eventi più rari, perché dalle malattie si può guarire e rinascere più forti e gli incidenti non sono poi così frequenti e non sono tutti mortali. Si può dire che non si sa cosa ci sarà dopo la morte, ma questo dipende anche dalle credenze delle persone, soprattutto di tipo religioso.


È fondamentale però non usare metafore poco realistiche come “adesso nonno va in cielo” o “Gesù l’ha chiamato a se” perché non fanno parte di un linguaggio comprensibile ai bambini e a seconda dell’età possono generare aspettative irrealistiche di un fantasioso ritorno se Gesù non avrà più bisogno di quella persona ad esempio. O anche che Dio o Gesù siano figure negative che portano via le persone care per averle accanto a sé.


Ciò che un bambino può capire della morte è fortemente legato al suo sviluppo cognitivo e quindi cambia in base all’età, alle caratteristiche specifiche del bambino e naturalmente al tipo di relazione che aveva con la persona morta o che sta per morire. I bambini fino a 3 anni non hanno il concetto di permanenza della morte, in genere di fronte a queste notizie sperimentano uno stato di confusione e hanno bisogno di molta vicinanza fisica e di continue rassicurazioni.


Dai 3 ai 5 anni sono in grado di sentire il dolore della perdita ma considerano la morte come qualcosa di temporaneo e si aspettano che ci sarà un ritorno della persona morta.

A 5/6 anni la morte è intesa come qualcosa di legato alla tristezza e alla separazione.

A 7/8 anni l’idea della morte diventa più realistica, i bambini dimostrano interesse verso i rituali legati all’evento, come il funerale o la sepoltura.

In questa fase la difficoltà può essere legata all’incapacità di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e un eventuale disagio potrebbe prendere la forma di un comportamento regressivo o del bisogno di esprimere aggressività nei confronti di compagni o adulti affettivamente vicini.

Dagli 8 agli 11 anni la morte è concepita come la fine delle funzioni vitali: la persona smette di respirare e il suo cuore smette di battere. Anche in questo caso la difficoltà potrebbe essere quella di riconoscere appieno le proprie emozioni e potrebbero esserci manifestazioni di rabbia e condotte regressive. Dagli 11 anni arriva la comprensione della morte in termini adulti, si può parlare con loro in modo più completo e complesso, sempre tenendo conto delle loro emozioni e del fatto che non sempre è facile esprimerle di fronte ad un evento luttuoso. Non lo è per gli adulti, figuriamoci per i bambini!

Ci sono diverse cose che si possono fare per aiutare i bambini ad affrontare la tematica della morte e la scomparsa di una persona cara:

  • Dire la verità su ciò che sta accadendo: se c’è una persona che sta male o sta morendo il bambino ha il diritto di saperlo e deve avere la possibilità di stare vicino a questa persona e dirle ciò che sente. Il bambino deve sapere che l’evento morte è irreversibile ed è per questo che è meglio non usare metafore religiose o cose come si è addormentato, riposa etc, che potrebbero fare credere che si sveglierà.


  • Accogliere tutte le emozioni, rassicurare i bambini e parlare delle cose che quella persona ci ha lasciato e che rimarranno sempre dentro di noi. La mancanza può diventare presenza nel ricordo. Incoraggiateli a piangere, il pianto aiuta ad esprimere le emozioni e allo stesso tempo ha un effetto calmante.


  • Rendere partecipi dei rituali che saranno organizzati, ad esempio il funerale. Essere presenti alla cerimonia può aiutarli a capire cosa è successo e quindi ad accettare la perdita della persona cara, assieme al dolore che questo comporta. Anche i bambini hanno il diritto di vivere ciò che sta accadendo in famiglia, anche se si tratta di eventi tristi come la morte di qualcuno a cui si vuole bene. Hanno il diritto di capire cosa sta accadendo e di esprimere il dolore e la sofferenza. Li si può dunque incoraggiare a partecipare al funerale senza obbligarli a esserci se dovessero non sentirsela. Nel caso della loro partecipazione potrebbe essere funzionale coinvolgerli nel rito dell’ultimo saluto magari con un disegno o un fiore. In generale è più opportuno permettere loro di stare con la famiglia e con le persone che gli vogliono bene anziché allontanarli pensando di tenerli fuori dal dolore in un momento in cui invece hanno bisogno di sentire di essere parte della famiglia.


  • Stare vicino ai bambini in posizione di ascolto, in modo da permettere loro di sentire che possono fare qualunque domanda e parlare della persona che non c’è più, sia per le cose belle che ci ha lasciato che per la mancanza che si sente. Una mancanza e una tristezza che può essere condivisa tra adulti e bambini


  • Cercare di comprendere che eventuali espressioni di aggressività e rabbia o comportamenti regressivi, tipici di quando erano più piccoli sono il loro modo di esprimere il disagio legato alla sofferenza che non sempre sanno esprimere in altro modo perché magari non hanno ancora il linguaggio o lo sviluppo emotivo adeguato. Potrebbero dunque avere paura ad andare a letto la sera, o magari fare degli incubi, o ancora riprendere a succhiarsi il pollice o avere qualche episodio di enuresi (fare pipì a letto) anche se non lo facevano più da tempo. In questo caso è importante saper normalizzare certi comportamenti e dare loro il giusto senso e peso senza colpevolizzare il bambino.


Tratto da SoS Pediatra

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