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Pet therapy

Scendono i contagi, si svuotano le terapie intensive, aprono alcune attività estive giudicate all’unanimità sanitariamente sicure (tra cui la nostra piscina) e mio figlio a otto anni prende la prima tonsillite della sua vita in una forma di quelle che si ricorderà anche da grande. Percorso netto senza neanche un raffreddore da giugno dello scorso anno quando ha avuto 39 di febbre il giorno della recita di fine anno della prima elementare ovviamente saltata tra fiumi di lacrime.

Noi aspettiamo proprio giugno per ammalarci, appena iniziano quelle giornate belle belle che progettavi, mai come ora, di passare all’aperto tra palloni, animali, merende e aperitivi (gli aperitivi soprattutto per me).

E invece... Nella storia familiare è stata fatta un’eccezione per ammalarsi a giugno solo per la varicella passata tra luglio e agosto. Quindi il nostro lock down prosegue super blindato. Questo è uno dei frangenti nei quali il miglior assistente è il mio gatto. Capisce e collabora confortando l’ammalato. Si presenta spontaneamente e si offre (si offre non esattamente ma tollera bene) per farsi strapazzare distraendo il paziente dalla somministrazione delle medicine: io gli faccio interpretare dialoghi e movenze del Dott. De Micis che prescrive croccantini alla Tachipirina e mio marito (il veterinario) dà le medicine al bambino.

Dopo questa fatica bambino e gatto si riposano insieme in attesa del meritato compenso: una partita con la Switch per il primo e una pappa speciale per il secondo che consiste nel suo amato monoproteico alla quaglia di cui sente il profumo anche dall’altra parte della casa e che rappresenta un’evasione dalla routine dei croccantini light. La tecnica funziona così bene che all’ora dell’antibiotico mio figlio si presenta già col gatto in braccio.

Grazie gattone. Confermi sempre che in famiglia i più bravi sono sempre quelli con la coda!


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