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ANSIA E ANGOSCIA: DARE UN NOME AL PROPRIO SENTIRE

Negli ultimi decenni siamo stati spettatori di profondi cambiamenti che hanno stravolto la società e, di conseguenza, anche la nostra quotidianità. Una delle caratteristiche della nostra contemporaneità è una sempre maggiore propensione alla fretta e al “tutto e subito”, che procede di pari passo con una insistente ricerca di perfezione e massimizzazione delle proprie prestazioni, sia sul lavoro che tra le mura domestiche.


La spinta a consumare, ad aggiungere, cercando ad esempio di riempire le giornate con attività ed impegni, porta con sé il rischio sempre più evidente di essere a nostra volta “fagocitati” da ciò che stiamo vivendo, il che può generare stati di paura, ansia o angoscia.Nasce qui una domanda: si tratta di modi diversi di intendere lo stesso sentire o si può invece rintracciare una differenza tra questi vissuti?


Per interrogarci sulla differenza tra questi diversi stati, può essere utile raffigurarsi una linea immaginaria che vede ai propri estremi una dimensione di realtà, del mondo esterno e una maggiormente rivolta al mondo interno.


ANSIA ANGOSCIA REALTÀ MONDO INTERNO


Quando il senso di allerta riguarda situazioni proiettate verso il futuro, definite o anche tematiche più astratte, meno concrete, possiamo parlare di ansia. È bene sottolineare come questa non debba essere immediatamente associata a uno stato emotivo negativo: nella giusta misura infatti, provare ansia può portare ad una spinta all’esplorazione e attivare positivamente le azioni di chi la vive. Solo nel momento in cui l’ansia diventa un aspetto preponderante e costante nella quotidianità di chi la prova, può diventare sintomo di un disagio più profondo – da non confondere con l’idea di disturbo vero e proprio. 

Se da un lato entrambi questi vissuti sembrano mantenere maggiormente un contatto con il mondo reale, dall’altro, quando il senso di inquietudine trova un’origine meno chiara nel mondo esterno e il turbamento sembra nascere più nel profondo, nel mondo interno di chi la prova, si può forse parlare di angoscia. Capita sovente tuttavia che i due vissuti si compenetrino, il che rende anche più difficile distinguerli.


Provare inquietudini, timori o preoccupazioni, è un qualcosa che fa parte del naturale susseguirsi degli eventi ed è normale conseguenza di momenti di transizione e cambiamento imprescindibili nella vita di ognuno di noi. È importante non vivere questi stati emotivi con vergogna, riconoscendone al contrario la loro importanza: sono infatti segnali che la nostra mente ci invia per prestare attenzione ad aspetti salienti e particolari, mettendoci in questo modo nella condizione di reattività necessaria per riuscire ad affrontarli.


Riuscire a dare un nome ai propri stati emotivi, diventa un primo passo per comprenderli e, di conseguenza, imparare a gestirli per evitare che un domani possano prendere il sopravvento, trasformandosi in limiti ed ostacoli, sia per noi stessi che per chi ci circonda. Per questa ragione diventa allora importante e utile rivolgersi a un professionista, soprattutto quando questi vissuti divengono pervasivi, per lavorare insieme e riuscire così ad attribuire la corretta etichetta al proprio vissuto.


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